Come concepire un universo in cui materia e informazione sono due facce della stessa medaglia? Ecco la proposta iLabs. L’universo (diciamo,
U) dev’essere, per cominciare, discreto e finito – basato su unità minime di spaziotempo (quanto “minime”? 10
-35 m per l’unità spaziale minima, e 10
-44 secondi per quella temporale minima, potrebbero essere buone ipotesi di partenza; ma quali siano di preciso queste dimensioni ha un’importanza teorica limitata).
Chiamiamo celle questi atomi. Ci aspettiamo che lo spazio sia interamente occupato da celle morfologicamente identiche. Esiste dunque un numero finito
w di celle, ossia di unità spaziotemporali minime. Dunque, anche il tempo è diviso in unità discrete minimali, gli istanti:
t0,
t1, ... (algebricamente: il tempo è un ordine lineare discreto). Il nostro spazio euclideo intuitivo è tridimensionale. Ma un universo discreto può anche avere la forma di uno spazio a una, due, tre, …
n dimensioni dal punto di vista computazionale. Per modellare il nostro universo, abbiamo scelto una griglia esagonale bidimensionale, ma i risultati ottenuti dalla nostra ricerca sarebbero realizzabili anche implementando i nostri MdR in griglie quadratiche tradizionali, e anche in un ambiente a tre dimensioni suddiviso dall’analogo tridimensionale dell’esagono: il dodecaedro rombico. Esagono e dodecaedro rombico hanno svariati vantaggi topologici nella rappresentazione del movimento fisico – specificamente, la distanza fra celle può essere approssimata in termini di raggio:
Una volta fissata una base dello spazio, in un contesto bidimensionale ogni cella è univocamente individuata come punto in un reticolo da una coppia ordinata di numeri interi <
i,
j >. Ad ogni istante di tempo t, ogni cella <
i,
j > si trova in uno e un solo stato
σ ∈
Σ , dove
Σ è un insieme finito di stati discreti di cardinalità
k. Indicheremo con “
σ i, j, t” lo stato della cella <
i,
j > al tempo
t.
La nostra prospettiva è schiettamente convenzionalista: anzitutto, riteniamo che la sterminata varietà degli oggetti del mondo intorno a noi, con le loro proprietà, qualità e caratteristiche, emerga come una risultanza “di alto livello” di questi semplici ingredienti di base: celle atomiche, e un limitato numero di stati di base da esse istanziati. In secondo luogo, tutto è, da ultimo, un aggregato di celle. Chiamiamo sistema un qualsiasi aggregato. Allora, qualsiasi sistema è tanto “legittimo” quanto qualsiasi altro: i nostri oggetti ordinari sono semplicemente quegli aggregati che si accordano meglio col modo in cui suddividiamo il reale – e questo dipende dal nostro apparato cognitivo, dalle nostre capacità di apprendimento, e dai nostri interessi pratici.
L’universo non funziona a caso: regole precise determinano come ogni punto del reticolo
aggiorna il proprio stato. Non sappiamo quali siano le regole di base, ma sappiamo per certo che devono essere
modelli di riferimento: sequenze deterministiche di input, elaborazioni ed output. Ora, la nostra scommessa è che, al livello base della realtà, le regole debbano essere poche e semplici; complessità e varietà dovrebbero emergere a livelli superiori e dipendere dalla semplicità sottostante:
simplex sigillum veri.
Non ci sono misteriose “azioni a distanza” nell’universo, ma solo interazioni locali: ogni punto <
i,
j > interagisce solo con le sei celle adiacenti, chiamate il suo
neighbourhood:
Indichiamo con “[
i,
j]” il
neighbourhood del punto <
i,
j >. Allora, una regola deterministica dinamica o MdR governa gli atomi – e dunque, il mondo: ad ogni istante
t, ogni punto <
i,
j > aggiorna in sincrono il proprio stato rispetto all’istante
t-1, seguendo un’unica regola o MdR φ:
Σ→
Σ, tale che per ogni
σ, <
i,
j >, e
t:
σ i, j, t+1 = φ(
σ [i, j], t)
Il nostro mondo ospita una quantità globalmente finita di informazione: data
k la cardinalità di
Σ e un numero
w di punti del reticolo, abbiamo al massimo
kw configurazioni globali per l’universo
U. Di conseguenza, l’intera evoluzione di
U è un grafo di transizione globale finito, G
Φ - il grafico della funzione di transizione globale Φ:
Γ→
Γ(dove Γ è il
phase space o l’insieme delle configurazioni globali di
U) indotta dal MdR Φ.